giovedì 27 dicembre 2012

VERSO IL 2013 Parte 1

Ebbene si: siamo sopravissuti alla fine prevista dai Maya. Speriamo di passare indenni anche il Natale e tutte le altre feste di contorno
Forse l'ultimo passato nella mia città,o l'ultimo nel mio Paese.
Perchè se la situazione non cambia,meglio fare le valigie.
Le previsioni per il 2013 non sono rosee.
Non è un bel periodo.
Poi entri in un centro commerciale e vedi che la crisi sembra sia inventata dai giornali o dalle tv.
Le stesse tv che propinano,ogni anno le stesse scene:

gente che spende per grandi abbuffate,come se abbiano digiunato per tutto l'anno.
gente che spende per la corsa ai regali,inseguendo l'ultima moda,in un vortice frenetico.

Regali inutili e costosi,ma si sa, potere del marketing. Vallo a spiegare all'esercito di decerebrati che  è tutta una tattica di vendita. Meglio di no,sarebbe troppo per loro. E sarebbe controproducente per noi,strateghi del commercio.Viva il consumismo.
Il clima natalizio contribuisce a gettare fumo negli occhi.
Invece la crisi, che vi piaccia o no, c'è.  Si sente.
Attraversa tutti i settori e alimenta una reazione a catena.
Non da meno il campo dell'advertising.

Lo scorso 5 ottobre Nielsen Media Research ha pubblicato il suo ultimo report semestrale (gennaio/giugno 2012) sullo scenario dell’advertising in Italia e nel mondo, con un particolare focus su internet, il cui scenario è in continuo cambiamento.

Secondo tale studio “Il primo semestre si è chiuso con un pesante -9,7% per il mercato pubblicitario. L’andamento è dovuto alla forte contrazione dei budget di alcuni settori merceologici trainanti, quali alimentari, telecomunicazioni e automotive” (Nielsen Economic and Media Outlook – Giugno 2012). Senza il supporto dei new media, precisa Nielsen,  il calo sarebbe del 10,2%.

Inversamente all’andamento negativo del mercato pubblicitario italiano, il mercato dell’advertising su internet e mobile è, infatti, l’unico nel quale si registrano dati positivi. Internet + 11%, contro Tv -9,5%, stampa -13,5%, radio -5,5%.
Rispetto ai dati del 2011 gli utenti che si connettono nel 2012 sono aumentati grazie al fenomeno della diffusione e penetrazione sul mercato di nuovi dispositivi quali smartphone e tablet. Secondo Audiweb, infatti, il 78,9% della popolazione italiana tra gli 11 e i 74 anni, 38 milioni, dichiara di accedere a internet da qualsiasi luogo e strumento. Sono 15 milioni gli Italiani che possono accedere a internet da telefono cellulare/smartphone e 2 milioni da tablet ( Audiweb _Ricerca di Base sulla diffusione dell’online in Italia e i dati di audience del mese di luglio 2012).

Di fronte a questo panorama, le aziende italiane cominciano a rendersi conto delle innumerevoli potenzialità dell’advertising digitale, aprendosi ad una sempre più attenta e vasta pianificazione di strategie di comunicazione sul web.

In dettaglio, nel primo semestre 2012 gli investimenti pubblicitari subiscono un decremento del 9,7 %, ad eccezione di internet che triplica i suoi inserzionisti: la rapida crescita dei media digitali sta infatti “obbligando” le aziende a interfacciarsi con il mondo dei new media e ad inserirli nelle loro pianificazioni di marketing per non perdere importanti quote di mercato.

Anche gli ultimi dati riportati dall’Osservatorio FCP-Assointernet relativi alla tipologia Display, ed integrati con il mese di settembre, registrano un + 13,2%, confermando il trend positivo del comparto rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, come dichiarato dal presidente di FCP-Assointernet.

 Da Nielsen Economic and Media Outlook – Giugno 2012

 http://www.nielsen.com/


Quindi il futuro SEMBRA  volgere favorevole a internet e all' advertising mobile.
Bisogna essere fiduciosi?
Le previsioni,di norma,sono fatte per essere poi smentite. 

Sperando di smentirmi io stesso,auguro buone feste.




martedì 13 novembre 2012

BISOGNA GESTIRE AL MEGLIO LE INFORMAZIONI

Viviamo in un'epoca  dove tutto è immagine. Nella cosiddetta era della globalizzazione le immagini rappresentano un modo efficace per comunicare le emozioni.

"Globalizzazione": quel termine fu lanciato nel mondo dal guru del marketing Theodore Levitt, docente alla Harvard Business School. Sulla rivista della prestigiosa università americana Levitt annunciò nel maggio 1983 che "la globalizzazione del mercato è a portata di mano". Levitt si riferiva soprattutto all'evoluzione dei consumi e del marketing.



La televisione ha sancito il passaggio, diventando così la finestra del  mondo.






Il prof. Philip Kotler, ritenu­to la massima autorità mondiale in tema di marketing riferisce che lo scena­rio economico contemporaneo è determinato da due forze fondamentali; la tecnologia e la globalizzazione. Kotler afferma: L’evoluzione della tecnologia ha reso possibile lo sviluppo di prodotti che il presi­dente John Kennedy, assassinato nel 1963, non avrebbe neppure immaginato, quali i satelliti, il videoregistratore, i fax, gli orologi digitali, la posta elettronica, i telefoni cellulari, i computer portatili. La tecnologia costituisce l’agente di cambiamento non soltanto dell’infrastruttura materiale della Società, ma anche dei modelli di pensiero dell’uomo.





"Villaggio Globale" è una metafora adottata da McLuhan per indicare come, con l'evoluzione dei mezzi di comunicazione, tramite l'avvento del satellite che ha permesso comunicazioni in tempo reale a grande distanza, il mondo sia diventato “piccolo” e abbia assunto di conseguenza i comportamenti tipici di un villaggio. Le distanze siderali che in passato separavano le varie parti del mondo si sono ridotte e il mondo stesso ha smarrito il suo carattere di infinuta grandezza per assumere quello di un villaggio.

Come ha notato Marshall Mc Luhan: il mezzo è il messaggio.
Una mani­festazione rivoluzionaria della evoluzione tecnologica è la digitalizzazione, cioè una codificazione dell’informazione a mezzo di “BIT”, cioè di serie di zero e di uno. La tecnologia orienta anche la seconda forza fondamentale: la globalizzazione.

Oggi l’i­potesi di Mc Luhan del “Villaggio globale” è una realtà











Questa definizione risale ormai a quasi 50 anni fa.
Il mondo è mutato in maniera significativa.
Siamo nel Terzo Millennio.
Sono cambiati i costumi,modi di pensare,di vivere.
È opinione della grande parte dei sociologi che la nostra attuale socie­tà sia quella del consumo.
Oggi viviamo in un clima di monocultura borghese, materialista e consumista.

Il trionfo politico della globalizzazione giunse con la caduta del muro di Berlino, la fine dell'Unione Sovietica, la liberazione dell'Europa dell'Est, il crollo dell'unico sistema ideologicamente antagonista: nel 1990, McDonald inaugurava il suo primo fast-food sulla Piazza Rossa di Mosca. Negli anni Novanta un'altra rivoluzione, di natura tecnologica, ha esaltato le potenzialità della globalizzazione: la popolarizzazione del personal computer, la nascita del telefonino, infine l'avvento di Internet, hanno reso ancora più rapide ed economiche le comunicazioni globali. Le distanze sono state cancellate, i colossi informatici della Silicon Valley hanno adottato la città di Bangalore in India come una periferia della California, dove concentrare design e produzione di software a basso costo. I marchi Microsoft e Nike sono diventati i nuovi simboli di quest'èra che ha il suo centro imperiale negli Stati Uniti e le sue nuove basi produttive in Asia.

Le frontiere in Europa non ci sono più, i diritti d’autore viaggiano intorno al mondo, Google Earth ci porta in vetta al  K2 o nelle finestre del vicino, non c’è limite al gossip e alle storie intime via chat.
E se non ti basta la realtà c’è il reality o la virtualità


Le nuove tecnologie informatiche hanno allargato gli orizzonti.
Gli scambi informatici sono frenetici.
I messaggi sono frenetici.
Ora si parla di social network.
Ad esempio My Space,Facebook,Twitter,Linkedin,Foursquare.
Reti per regolare le relazioni sociali.
L'individuo è partecipe immediato al confronto.
Vuole apparire. Dire la sua.
Esistono realtà come Pay Pal,un sistema di pagamento online che permette a qualsiasi azienda o
consumatore che disponga di un indirizzo email di inviare e ricevere pagamenti.

Abbiamo gli smarphone, telefoni cellulari che usiamo per gestire inostri dati personali.
Usiamo i tablet come computer portatili.




La comunicazione torna dunque ad essere principalmente “uno a uno” ma contemporaneamente tutti vi hanno accesso sia come destinatari che come mittenti fruendo delle informazioni sulle rete ma anche immettendone. Il progresso tecnologico della fine del secondo millennio ha reso le macchine per comunicare sempre più potenti e sofisticate rendendole contemporaneamente anche piccole, maneggevoli ed economiche. La possibilità di intrecciare le tecnologie fra di loro ha diffuso la multimedialità ovvero oggi è possibile avere nello stesso messaggio informazioni formulate in più codici.

 Che piaccia o no siamo etichettati come  la Generazione Y.






La generazione nata fra gli anni Ottanta ed il Duemila viene ormai definita “generazione Y” per distinguerla da quella “X” che l’ha preceduta. Cosa ha di diverso da quella nata prima? La grande familiarità con la comunicazione mediatica e le tecnologie digitali. Sotto questo punto di vista, si è verificata una “socializzazione alla rovescia”: sono i giovani ad insegnare agli adulti. Pur essendo nati dopo, essi hanno più esperienza. Sono più attrezzati a vivere in questa cultura.








Vengono definiti anche Millenials, giovani che oggi hanno tra i 18 ed i 30 anni. Un gruppo ben definito di persone che hanno delle caratteristiche speciali e specifiche. Sono appena usciti dalle scuole superiori, o stanno per lasciare l’università, il che significa che sono pronti per il mondo del lavoro. La domanda è, il mondo del lavoro è pronto per i millennials?







Siamo tutti presenti in rete. Chi non è presente, non esiste. Anzi, se sei presente ma non connesso, non esisti lo stesso. Ma questo non è un bene. I social network sono sia un potenziale aiuto alla relazione, sia una minaccia.









Dal film  “I signori della truffa”:







"C’è una guerra là fuori, amico mio. Una guerra mondiale. E non ha la minima importanza chi ha più pallottole, ha importanza chi controlla le informazioni. Ciò che si vede, si sente, come lavoriamo, cosa pensiamo, si basa tutto sull’informazione"






Bisogna gestire al meglio le informazioni a disposizione.






mercoledì 19 settembre 2012

L'ARTE DEL VINO

Non sono un esperto di vini. Non ne ho le competenze.
Il mestiere di  sommelier non mi ha mai ispirato.
Far decantare il vino non è la mia attitudine,lascio ad altri il compito.
Decantare il vino significa travasarlo in un altro contenitore di vetro, in una specie di caraffa chiamata decanter.
I motivi per cui si decanta il vino sono due: ossigenare il vino, in modo che possa liberare tutti i suoi profumi e migliorare le caratteristiche organolettiche; separare il vino da eventuali depositi presenti nella bottiglia, che si possono formare nei vini rossi da lungo invecchiamento.
Da qualche anno ho scoperto,quasi per caso,un vino particolare. Ero a cena con amici. Si chiama Buio ed è prodotto in Sardegna.



Provo a darne una breve descrizione: un vino dal colore rubino intenso,tendente al granato,dal gusto morbido e avvolgente. Caldo, e balsamico.
Al naso si sprigionano profumi vinosi, intensi e ricchi, nonchè note di frutti a bacca rossa, come le ciliegie.


Le bottiglie sono scure, che richiamano l’austerità e la dignità delle donne che in Sardegna hanno sempre tramandato i valori più sinceri dell’isola. L’etichetta è una rivisitazione dei tappeti sardi.

Rientra nella denominazione Carignano del Sulcis DOC.

Un vino da accompagnare ovviamente con le  specialità sarde.

Viene prodotto nella cantina Mesa, Sant'Anna Arresi.

E mi fermo qua.


Facciamo un salto  indietro nel tempo.



Anni '80. L'agenzia
Young & Rubicam  affida ad  un signore la campagna pubblicitaria di una delle più importanti aziende produttrici di pasta, nonché uno dei principali clienti di Y&R Italia: Barilla
Le campagne realizzate da questo signore erano da un lato un'involuzione del linguaggio pubblicitario (abolì il tradizionale format di 30 secondi a favore di filmati lunghi di solito un paio di minuti che riportava gli spot pubblicitari al modello "Carosello"). Dall'altro rappresentavano un'evoluzione rispetto a questo modello, perché mettevano in scena brevi storie ricche di emozioni e buoni sentimenti, allontanandosi in questo modo dal predominio di sketch, ancora una volta sul modello "Carosello", che erano la forma più tipica di pubblicità televisiva.
Rimane mitico lo spot della bambina che esce da scuola, perde l'autobus che l'avrebbe portata a casa, e si incammina da sola e sotto la pioggia torrenziale verso casa. Incontra per strada un gattino fradicio e infreddolito e lo prende con sé. Finalmente arriva a casa dove i genitori, in apprensione per il suo ritardo, accolgono lei e il micio a braccia aperte. Dettaglio marginale: in pentola sta bollendo l'acqua con la pasta Barilla, che ha aspettato anche lei la bimba. Barilla non scuoce.


Questa e le altre storie che Barilla ha raccontato a cavallo degli anni '90 hanno avuto molto successo nel nostro paese e sono state testimoni di una strategia pubblicitaria e di marketing che aveva come primo scopo quello di differenziarsi dal linguaggio sino allora impiegato dalle aziende concorrenti per promuovere il consumo di pasta. Per vendere gli spaghetti usavano emozioni di largo consumo e a bassissimo costo (economico e cognitivo).


Dagli anni '80 la pubblicità della pasta Barilla non si è mai mossa più di tanto da questa impostazione. La famiglia, i bambini, la nostalgia della casa lontana: sapere che mangiando quel piatto di pasta si è un po' come a casa propria, in qualsiasi posto del mondo ci si trovi. In sottofondo sempre la musica di Vangelis, semplice e molto orecchiabile.
In questo modo, il velo sollevato dalla pubblicità sugli affetti privati delle persone rappresentate produce nello spettatore il riconoscimento di un'esperienza emozionale al tempo stesso personale e universale.


            Lo slogan,unico e indelebile, è questo:




                          Semplicemente geniale
 


Ma torniamo a questo signore



Ha ideato alcune tra le campagne pubblicitarie rimaste nella memoria collettiva italiana: quella per i Baci Perugina, Fiat, De Cecco, Tuborg, Simmenthal, Ariston, Giovanni Rana.

Un lavoro creativo che lo porta a vincere più premi di tutte le agenzie pubblicitarie italiane messe insieme: sette Clio, l'Oscar mondiale della pubblicità; sette Leoni al Festival Internazionale di Cannes; l'unico Telegatto vinto da un pubblicitario italiano; quattro Golden Pencil dell'Art Directors Club Italiano; due riconoscimenti da parte dell'International Film Festival di New York, solo per citarne alcuni.


Allievo di Andy Warhol alla New York University.

In qualità di spin doctor ha curato le campagne vincenti di Richard Nixon nel 1972,Renato Soru nel 2004 (sua l'idea dello slogan Meglio Soru),Ugo Cappellacci nel 2009 (con lo slogan Sardegna torna a sorridere), Venne contattato pure da Silvio Berlusconi in vista delle elezioni del 2006.

Agli inizi del 2000 sceglie di cambiare e lo fa in grande stile.
Decide di  dedicarsi alla produzione di vini. 
La sua azienda vinicola, la Mesa, nasce a Sant'Anna Arresi.


Questo signore è uno  dei  pubblicitari italiani più famosi.

Il creativo sardo più noto al mondo.





 Per riuscire a fare ciò che ho fatto mi sono preoccupato di capire le persone, di rispettarle e soprattutto di non bluffare mai


Oggi ama definirsi «pensionato e vignaiolo»


   Questo signore è Gavino Sanna




           Questo post è dedicato a lui.
 

martedì 18 settembre 2012

LEO BURNETT



Tra i grandi nomi della rivoluzione creativa degli anni ’50, Leo Burnett è stato senza dubbio l’uomo delle immagini. Se Bill Bernbach ha coniato i simboli-mito di una nuova smart generation – se l’elegante razionalismo di David Ogilvy ha integrato l’efficienza delle statistiche con le frecce della creatività – Leo Burnett è stato invece il pubblicitario che ha creato alcune delle maggiori icone visive dell’immaginario commerciale moderno.

L’ufficio di Singapore dell’agenzia Leo Burnett
 
 
 Piuttosto che affascinare il pubblico con eleganti giochi d’intelligenza o sofisticate suggestioni, Leo Burnett preferiva far leva su grandi sentimenti popolari.
Idee semplici, larghe e condivise
a cui lui stesso – in quanto fiero rappresentante dell’America più centrale e profonda – si sentiva legato. 
E’ con questo spirito che nascono figure leggendarie come quella di “Charlie the Tuna” o l’arcinoto (e ormai più che 50enne, a conti fatti) “Tony the Tiger” della Kellogg’s.
 
 Poi nel 1954 arriva Philip Morris.
Il giorno in cui il gigante del tabacco bussa alla porta di Burnett, Marlboro gode ancora della quota di mercato più piccola della sua categoria. L’agenzia si inventa un completo riposizionamento del prodotto e lancia una delle strategie più efficaci e celebrate di sempre. Questa volta il brand character è il “Marlboro Man”: un cowboy affascinante, moderno e insieme leggendario. Per l’immaginario dei consumatori si tratta di un richiamo irresistibile, un nuovo modello di seduzione che però arriva da lontano, dalle profondità della storia americana. E infatti non resiste più nessuno: entro la fine del decennio Marlboro diventa la sigaretta più venduta in tutti gli Stati Uniti.
 
 
 
"Il Marlboro Man dirotterebbe i fumatori «Rock» sulle Marlboro… la giusta immagine per catturare la fantasia del mercato giovane… un perfetto simbolo di indipendenza e ribellione individualistica"
 
 La campagna fu inizialmente concepita come un mezzo per rendere popolari le sigarette con il filtro, che allora erano considerate da donna. 
 
La campagna pubblicitaria delle Marlboro si dice sia una delle più brillanti campagne di tutti i tempi. Essa trasformò in pochi mesi una sigaretta femminile, con lo slogan «Mild as May» (mite/dolce come maggio), in una chiaramente maschile.
 
 
 
 Da allora i clienti aumentano anno dopo anno: Procter & Gamble  (1952), Commonwealth Edison (1954), Maytag (1955), Allstate (1957), Heinz Pet Products (1958), StarKist (1958), Marchi First (1961), United Airlines (1965), General Motors Oldsmobile (1967).
 Con tutti instaurerà un rapporto solido e personale, costruito sulla trasparenza, sull’affidabilità, sull’idea di qualità che metteva nel suo lavoro.
 Oggi il suo network conta agenzie in 49 paesi e, a tutte, Leo Burnett ha già spiegato forte e chiaro – in un celebre discorso di congedo, quattro anni prima della sua morte – quale sarà il giorno in cui dovranno obbligatoriamente togliere il suo nome dalla porta d’ingresso:

Sarà il giorno in cui passerete più tempo a fare soldi, che a fare pubblicità. Sarà il giorno in cui smetterete di scegliere il meglio e di puntare alle stelle“.

E‘ un grande discorso, che racconta perfettamente una personalità ambiziosa, fiera, fortissima.

 
 Non inventava pubblicità, in un certo senso le vedeva.
 
 
 Curiosità per la vita in tutti i suoi aspetti, a mio avviso, è ancora il segreto delle grandi persone creative.
 Leo Burnett
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

BILL BERNBACH




" I veri giganti sono sempre stati dei poeti, uomini che saltavano dai puri fatti al regno dell’immaginazione e delle idee".


Un uomo che attraverso il suo modo di pensare rivoluzionò il mondo della comunicazione. Quell’uomo era un pubblicitario. Era William Bernbach meglio conosciuto come Bill Bernbach. Nel 1959 quando il pensiero in America era “Think Big” lui disse “Think Small”.
Pensare in piccolo.
Un folle. 
Ma come dice una famosa pubblicità degli anni ’90 “.. solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo lo cambiano davvero” (Apple). E Bill attraverso quelle 2 parole fece uno dei più famosi annunci della Volkswagen Beetle e di tutto il mondo della comunicazione. Il Maggiolino ebbe in America un enorme successo. Forse lo avrebbe avuto lo stesso. Forse no.

 Bill Bernbach ha dimostrato come la creatività possa vincere, grazie all’opera del genio, contro l’arida razionalità, gli schemi previsti, le regole scritte, la logica delle ricerche. 
Leader carismatico e sensibilissimo, venerato da molti come un maestro,  era convinto che pretendere di impostare la pubblicità in maniera "scientifica" è un controsenso: perché la pubblicità deve innovare, sorprendere e non può farlo se si basa su schemi e regole rigide e prevedibili, ammesso e non concesso che queste regole possano essere effettivamente formulate nel campo della comunicazione, ben diverso da quello delle scienze naturali.
 All'epoca di Bernbach, invece, molti ci credevano e i pubblicitari più in voga del tempo, come i loro predecessori, si erano dati un gran daffare per tracciare un elenco di consigli e raccomandazioni capaci di determinare il successo di una campagna pubblicitaria. Non che le regole e gli insegnamenti dell'esperienza non servano, anzi; ma forse c'è bisogno di qualcosa in più. Di valorizzare quelle doti non logiche spesso sottovalutate dalla tradizione occidentale: l'intuito, la creatività, il saper fare, in parole povere la conoscenza pratica e implicita (distinta dalla conoscenza esplicita, razionale, facilmente comunicabile perché esprimibile attraverso il linguaggio).

Le regole sono quelle che l’artista spezza; nulla di memorabile è mai uscito da una formula”. Questa è una delle tante frasi di Bill estrapolate dalle rare interviste rilasciate e da quello che amici, colleghi e familiari ricordano dei suoi discorsi. Bernbach, con grande modestia e understatement, non ha mai teorizzato o scritto i propri principi, fedele fino in fondo all’idea di non intrappolarsi in preconcetti che non ci lascerebbero liberi di trovare soluzioni fresche e inaspettate.
Ci ha lasciato però il suo esempio professionale e etico, la sua grande comprensione per la natura umana e, sopra a tutto, una galleria di lavori eccezionali.



 Non sempre, poi, il suo approccio fu considerato vincente, ma di sicuro se oggi le pubblicità sono divertenti e creative, in buona parte lo dobbiamo anche a lui.


 "Non è quello che dici che colpisce la gente, ma come lo dici”


DAVID OGILVY

 


David Ogilvy è stato uno dei grandi nomi della pubblicità. Il 7 settembre 1982 spedì una nota a tutti i dipendenti della sua agenzia. Era intitolata “Come scrivere”

• Meglio scrivi, più farai carriera in Ogilvy & Mather. Chi pensa bene scrive bene.
• Chi non ha le idee chiare, scrive testi confusi, lettere confuse, discorsi confusi.
• Scrivere bene non è un dono di natura. Dovete imparare a scrivere bene.
Ecco dieci suggerimenti:
1. Leggi il libro Writing that works di Kenneth Roman e Joel Raphaelson. Leggilo tre volte.
2. Scrivi come parli. In modo naturale.
3. Scrivi parole brevi, frasi brevi, paragrafi brevi.
4. Non usare parole gergali come riconcettualizzazione, demassificazione, attitudinalmente, pregiudizialmente. Sono tutti segni distintivi degli asini arroganti.
5. Non scrivere mai più di due pagine. Qualunque sia l’argomento.
6. Controlla le citazioni.
7. Non inviare mai una lettera o un memo lo stesso giorno in cui li scrivi. Rileggili ad alta voce la mattina dopo, e correggi.
8. Se si tratta di qualcosa di importante, fatti aiutare da un collega.
9. Prima di inviare la lettera o il memo, assicurati che la tua richiesta sia più che chiara.
10. Se vuoi AZIONE, non scrivere. Vai e chiedi quello che vuoi.




Confessions on advertising man è la sua autobiografia.
È anche un manuale di tecniche di pubblicità e una testimonianza su ciò che significa lavorare nell’advertising.
Ogilvy parte dal racconto della sua gioventù avventurosa. Scozzese di nascita, per un po’ ha venduto elettrodomestici a Londra. Poi è stato cuoco a Parigi. In seguito, ha lavorato all’università di Princeton. Solo dopo i trent’anni, ha aperto un’agenzia di pubblicità a New York. Ed è qui che è arrivato il successo mondiale.
Per Ogilvy, la pubblicità è qualcosa di utile. Perché, quand’è onesta, c’informa su un nuovo prodotto, che forse potrebbe aiutarci. E se è invece la pubblicità è disonesta? Non è un problema. Perché, se compriamo un cattivo prodotto spacciato per ottimo, ce ne accorgiamo. E poi non lo compriamo più.
Ogilvy ci dice anche come si diventa bravi pubblicitari. Il talento conta, ma non basta. Bisogna anche conoscere le varie tecniche pubblicitarie e, soprattutto, lavorare duro. In più, un bravo pubblicitario ha spirito d’osservazione, è curioso di tutto ed è aperto alle novità. Sa anche reagire agli inevitabili fallimenti. E accetta le critiche. Anzi: è il primo critico di se stesso.
Col tono autorevole di chi sa d’essere bravo e non lo nasconde, Ogilvy ci dà molti consigli pratici su come ideare buone pubblicità. Da quelle per i giornali a quelle per la televisione. Prima di tutto, bisogna essere semplici, brevi, concreti. Bisogna poi mettersi nei panni di chi comprerà il prodotto e capire ciò che vuole. Ma attenzione: si fa pubblicità solo ai buoni prodotti. Un pubblicitario non deve fare pubblicità a un prodotto che non comprerebbe mai. Quindi, un bravo pubblicitario dice sempre la verità: fa parlare solo i fatti. Inoltre, si mette nei panni anche dell’azienda che ha creato il prodotto, per capire bene quali obiettivi ha. Solo così può dare la giusta personalità al prodotto.
Ogilvy ci spiega infine come si dirige un’agenzia pubblicitaria. Un bravo direttore assume gente che ha passione per il lavoro. Perché solo chi ha passione per il proprio lavoro dà il massimo. Poi, un bravo direttore assume solo chi è onesto e leale. E sceglie i professionisti migliori, per formare la miglior squadra di lavoro possibile. Inoltre, cura che i dipendenti aggiornino le loro conoscenze. Si sforza poi d’essere sempre giusto e si prende le sue responsabilità, anche davanti a scelte difficili. Un bravo direttore ascolta più che parlare. E non pensa solo al presente dell’agenzia, ma anche al suo futuro. Infine, sa gestire i rapporti coi clienti.




 «Potete ‘fare i compiti’ fino al giorno del giudizio, ma non avrete mai un grande successo senza una “grande idea”. Meno di una campagna su cento contiene una “grande idea”. Le “grandi idee” vengono dall’inconscio. Questo è vero nell’arte, nella scienza come in pubblicità. Ma l’inconscio deve essere bene informato, se no l’idea sarà irrilevante. Imbottite di informazioni la vostra mente inconscia, poi staccate i collegamenti del vostro pensiero razionale. Potete favorire questo processo facendo una passeggiata o un bagno caldo, o bevendo una bottiglia di barbera. Improvvisamente, se la linea telefonica con il vostro inconscio è funzionante, la “grande idea” si sveglierà dentro di voi».
David Ogilvy



giovedì 30 agosto 2012

AGOSTO 2012 PARTE 2

La crisi della pubblicità italiana? Tutta colpa dei pubblicitari italiani.
 
 
 
 
(pubblicato su Terra di agosto 2012)



Le agenzie di pubblicità globali che gestiscono in Italia la quasi totalità del mercato della pubblicità, sia dal punto di vista dei messaggi che degli spazi pubblicitari vanno male, anzi: malissimo. Oltre tutto, i fatturati delle multinazionali vengono ovviamente consolidati nei paesi in cui hanno sede i rispettivi quartier generali, e vanno a beneficio dei loro azionisti.


Vista poi, la crisi verticale della stampa italiana, della radio italiana, nonché della tv italiana, sia pubblica che privata, neppure dal punto di vista dei fatturati derivanti dalla raccolta pubblicitaria si può parlare di pubblicità made in Italy. Gli investimenti su Sky, per esempio, vanno al monopolista australiano del satellite, mentre gli investimenti sul web vanno a vantaggio di player come Google o Facebook.

Mentre AssoComunicazione, l’associazione che rappresentata le agenzie di pubblicità, non riesce a tenere quest’anno il suo rituale convegno e lo rinvia a data da destinarsi, il convegno che Upa (l’associazione degli industriali che investono in pubblicità) ha tenuto a Milano nei giorni scorsi è stato una delusione.

Una lamentela qui sul ritardo degli investimenti sulla banda larga; una contumelia lì su i diritti di negoziazione; un ammiccamento colà sulla funzione del servizio pubblico radiotelevisivo, ma niente di più. E di più significava tracciare una corsia preferenziale per le aziende italiane, per fare in modo che la pubblicità nel suo complesso possa essere un nuovo starter per la ripresa.
In effetti, la situazione richiederebbe un salto di qualità degli utenti italiani di pubblicità, delle agenzie, delle concessionarie, degli editori: per governare codesta crisi bisognerebbe guidare il cambiamento, non soltanto subirlo o, peggio, ricamarci intorno. Manca concretezza, e quando manca concretezza si fatica a leggere con chiarezza i segnali, i messaggi, le tendenze che si stanno muovendo.

Eppure, negli ultimi anni sono nate in Italia alcune agenzie indipendenti, spesso con eccellenti capacità non solo creative ma anche organizzative. Ma finché le aziende italiane non la smetteranno di “accodarsi” ai budget gestiti dalle multinazionali della pubblicità e non riprenderanno in mano il loro destino, le loro esigenze verranno sempre dopo i mega-budget globali.
Se la crisi è una grande occasione per sperimentare nuovi percorsi verso l’eccellenza, sta alle aziende italiane non sottovalutare le capacità delle agenzie di pubblicità italiane di nuova generazione, indipendenti dalle holding, quindi più agili, meno burocratiche, più vicine ai committenti. Potrebbe succedere che il made in Italy abbia finalmente creatività pubblicitaria gestita da agenzie made in Italy.



E questo non parrebbe davvero essere semplicemente un trend italiano. La campagna “Back to the start” di Chipotle che ha vinto il Grand Prix è la storia dell’azienda inglese che smette di produrre alimenti in modo industriale per tornare a una produzione di qualità, nel rispetto dell’ambiente, nel solco dello sviluppo compatibile.
A guardarla bene, questa dolce e soave campagna vincitrice del Grand Prix sembrerebbe una fantastica allegoria del ritorno al modo concreto, genuino, passionale, artigianale di fare pubblicità: fuori dai reticolati delle holding, dalle strettoie dei network internazionali c’è vita, passione, visione, capacità.
 
Che è tutto quello che serve alla rinascita della creatività pubblicitaria italiana.
 
 
 
fonte: http://consorziocreativi.com/blog/2012/08/24/la-crisi-della-pubblicita-italiana-tutta-colpa-dei-pubblicitari-italiani/

martedì 14 agosto 2012

RIVER PHOENIX






Oggi voglio andare totalmente fuori tema del blog e parlare di un attore simbolo di una generazione,la cosiddetta generazione X degli anni 90, morto nel 1993 all'età di soli 23 anni  e per molti paragonato a James Dean: River Phoenix



SCHEDA:  
Nome completo: River Jude
Cognome: Bottom in seguito Phoenix
Soprannomi: Rio,Riv,Rivie
Data e luogo di nascita: 23 agosto 1970 alle 12:03 PM in Metolius, OR
Data e luogo di morte: 31 Ottobre 1993 (Halloween), alle 1:51 AM in West Hollywood, Los Angeles, CA
Cause della morte: Collasso cardiaco per assunzione di speedball
Altezza: 1,85
Occhi: Verdi/grigi
Capelli: castani
Professione: Attore, musicista,cantautore

Relazioni ufficiali :

*Martha Carradine Plimpton (attrice)- dal 1986 al 1991 (cc)
*Suzanne Solgot (musicista) - dal 1991 al 1992
* Heather Graham (attrice)- flirt
*Samantha Mathis (attrice )- 1993


 Famiglia:

*Padre: John Lee Bottom aka Amram, nato 14 giugno 1947
*Madre: Arlyn Sharon (Heart) Dunetz aka Jochebed nata 31 Dicembre 1944

Fratelli e sorelle:

* Rain (Rainbow)aka Joan of Arc, nata il 21 novembre 1973 Attrice , musicista,cantante
*Joaquin (Leaf) Raphael, nato il 28 Ottobre 1974 - Attore,cantante
*Libertad Mariposa (Liberty Butterfly), nata il 5 Giugno 1976 - Attrice
*Summer Joy (Affleck) , nata il 10 December 1978 - Attrice,musicista,modella




 Nato a Madras piu esattamente a Metolius,Oregon 23 agosto 1970
Morto a – Los Angeles, 31 ottobre 1993 è stato un attore statunitense.







Considerato dalla critica fra i più promettenti della sua generazione,tra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta,ebbe però la carriera tragicamente stroncata dalla morte prematura,avvenuta a soli ventitré anni.
Il padre John Bottom è un carpentiere di origine californiana,cattolico; la madre Arlyn Dunetz è una segretaria nata nel Bronx da genitori ebrei ortodossi. I due alla fine degli anni sessanta si uniscono alla setta dei Children of god detta cog (accusata in seguito di violenza sui minori,sfruttamento del lavoro minorile,fornicazione,adulterio,pedopornografia,incesto,spaccio di lsd anche tra minori) diventano missionari e iniziano a viaggiare attraverso il Sud America,per tornare negli Stati Uniti solo nel 1977. Di lì a poco cambieranno ufficialmente il cognome di famiglia in Phoenix, in riferimento all'araba fenice,l'animale mitologico che rinasce dalle proprie ceneri. Il primogenito della coppia vede la luce a Metolius,Oregon, cinque miglia a sud di Madras. I genitori gli impongono il nome di River (= fiume), ispirandosi al fiume della vita del romanzo Siddharta di Herman Hesse. Il secondo nome, Jude, deriva invece dalla canzone dei Beatles,Hey Jude .John e Arlyn avranno altri quattro figli: Rain, Joaquin, Liberty e Summer,quasi tutti poi entrati nel mondo del cinema sulla scia del fratello maggiore. Joaquin, che inizia la carriera con il nomignolo di Leaf, è il più affermato.
River cresce in povertà abituato con la sorella Rain a suonare per strada per racimolare qualche soldo per la famiglia in case fatiscenti e prive dei piu normali servizi igienico-sanitari.


 River Phoenix ad un anno è stato portato dalla sua famiglia a Crockett in Texas dove i genitori si sono uniti ad una setta religiosa chiamata “Children of God” (i bambini di dio,più comunemente cog). Il leader di questa setta religiosa era Moses Berg un uomo depravato conosciuto dalle autorità per avere stuprato le sue due bambine. Moses stilò un vademecum che ogni adepto della setta doveva rispettare in pieno,questo andava dal fare sesso dai quattro anni alle orge con altri adepti alla fornicazione alla “pesca delle vergini” che consisteva in sedurre e stuprare ragazze vergini sotto gli occhi degli altri adepti e di Moses stesso,a fare sesso con i propri consanguinei fratelli,genitori ecc..
Inclusi anche violenze psicologiche e corporali nonché lavoro minorile,uso di lsd e alcool e punizioni corporali. .
Il padre di River in questa setta era l’arcivescovo vale a dire un gradino sotto il leader maximo.
I Phoenix erano considerati tra gli adepti più entusiasti e osservatori delle regole ed erano molto cari a Moses. River dichiarò pubblicamente nel 1991 alla rivista americana Details di avere perso la verginità a quattro anni e mezzo e di avere subito violenza sessuale fino ai dieci anni,quando i genitori,dopo avere litigato con Moses,si trasferirono in Venezuela aprendo altre succursali della setta. Quest’intervista che River rilasciò per il Details suscitò parecchio scalpore all’epoca ma River fu costretto in seconda mandata a ritirare tutto dicendo che si era inventato tutto e che di vero non c’era nulla. In realtà subito dopo la sua morte avvenuta nel 1993 si aprirono parecchi processi agli adepti della setta e venne fuori che era tutto tristemente vero. Il figlio illegittimo di Moses, Davito ,si tolse la vita dopo avere sparato alla donna che lo stuprò per tutta l’infanzia all’interno della setta e fece una serie di video che spiegavano il suo gesto e ciò che accadeva all’interno del culto (i video si trovano su youtube). Il prete che officiò il funerale di River Phoenix ebbe a che fare con il culto quando non si sapeva ancora nulla su di esso e dichiarò che River Phoenix insieme ad altri bambini subì violenza sessuale per tutti gli anni della sua infanzia. River e sua sorella Rain da bambini,secondo gli insegnamenti della setta cantavano e suonavano per strada tutto il giorno per racimolare denaro che veniva dato ai genitori. River nell’ultimo periodo della sua vita stava rivelando a tutti ciò che gli successe all’interno della setta. il regista di “Dark Blood” l’ultimo film di River,non portato a termine,disse che River gli rivelò che sua madre violentò parecchi bambini (omise di dire che violentò anche lui,secondo gli insegnamenti della setta infatti vi era un giorno alla settimana in cui i bambini,dormivano con i genitori facendo sesso con loro), la madre di River quando il regista di “Dark Blood” le chiese spiegazioni,disse che il pene di suo figlio era cosa di tutti e che tutti potevano usufruirne come meglio credevano. Tutto questo è rintracciabile sull’intervista video a Sluitzer per il film Dark Blood e sul libro in “Search of River Phoenix- The Truth Behind The Myth” - di Lawrence Barry. Considerato ad oggi,uno dei libri più attendibili scritti sulla vita di River Phoenix. I Children of God dopo i processi agli adepti vennero sciolti e si fusero in altri nomi ed altre sette ma esistono ancora oggi. Moltissimi membri si suicidarono,altri presero l’aids per le violenze subite,altri ancora vennero fatti passare come suicidi ma sono morti a ben guardare molto strane per lo più per overdose e incidenti stradali tutte di giovani tra i trenta e i quarant’anni. La figlia di Berg venne rinchiusa in un ospedale psichiatrico e Berg morì nel 1994 in circostanze ancora poco chiare.
L’attrice Rose Mc Gowan dichiarò di essere stata nei Children of God,cresciuta come River lì nello stesso periodo per volere dei genitori adepti della setta e disse che lui subì delle violenze atroci che a lei furono, in parte, risparmiate, questo perché i genitori la tutelarono un po' di più visto che iniziò la vita sessuale nella setta a quattordici anni…

River Phoenix dichiarò che “quella gente pericolosa rovina la vita delle persone” e che doveva essere fermata. Nelle sue canzoni spesso si fa riferimento a “pegni da pagare” o “ persone intrappolate” – Un angelo caduto è stato messo in trappola,dovrebbe essergli concessa una chiamata- è il respiro del leone ad alitare sul suo collo- ( da varie indagini si è scoperto che la figura del Lion è associata a Berg da lui stesso nei disegni che faceva per la setta – anche questo è documentabile facendo una ricerca sui Children of God). La notte in cui River morì per tutto il 1993 e anche oltre i media parlarono di uso di ghb (droga che si prende per via orale sciolta in un bicchiere e che andava per la maggiore proprio all’inizio degli anni novanta ) e di morte per omicidio. Con l’avvento del web si sentì parlare invece di sniffo e di eroina e cocaina e del fantomatico speed ball,otto volte superiore la media di uno normale. La persona che era con River quando inziò a sentirsi male era il leader dei Red Hot Chili Peppers John Frusciante,amico intimo di River come anche Flea,che ai primi sintomi gli rilasciò tre valium che River prese tutti insieme senza acqua e poi scappò . Di John non si seppe più nulla per un lungo periodo di tempo dopo questa notte- I valium che John diede a River (immaginando si trattasse di overdose da cocaina o eroina,gli accelerarono il processo portandolo più o meno velocemente alla morte). Nessuno dei presenti quella notte fece nulla per chiamare un soccorso che distava venti minuti dal locale Viper Room (l’ospedale più grande di Los Angeles il Sinai Medical Center),e anzi,venne detto da qualcuno al buttafuori del locale che si trattava di un semplice malessere passeggero e che non era il caso di fare nulla. River morì dopo otto minuti e mezzo in cui nessuno dei presenti mosse un dito, dopo atroci convulsioni e il vero e proprio scoppio del cuore. Quando si rese conto che la situazione stava sul serio precipitando il fratello Joaquin, diciannovenne all’epoca di River, prese il telefono vicino al locale e chiamò il 911 dicendo che suo fratello stava male,aveva preso forse del valium e che serviva urgentemente soccorso. Quando il soccorso arrivò però River era già in fin di vita e a nulla valsero i tentativi di rianimazione che durarono quasi nove minuti perché uno dei medici era un suo fan e non voleva arrendersi all’idea che sarebbe morto. Ma River morì e l’autopsia di quella notte rivelò che non c’erano tracce di alcuna droga né recente né datata nel suo corpo oltre quello speed ball e nessuna traccia di alcool, bevve infatti solamente acqua. Vennero trovate inoltre ecchimosi e tagli non risalenti secondo il coroner al momento delle convulsioni e si scoprì che River per tutta la notte bevve solamente dell’acqua. Il suo peso era lievemente sotto la norma perché stava girando il film “Dark Blood” ed aveva intrapreso uno stretto regime per perdere alcuni chili. Nel libro che Gus Van Sant scrisse per River “Pink” dice chiaramente che River non era un consumatore di droga se non occasionalmente e che aveva un problema con l’alcool visto che il padre, alcolizzato, lo fece iniziare a bere per avere compagnia all’età di dieci anni. Stando alle ultime foto sul set di “Dark Blood”, River appare in piena forma, con lo sguardo completamente vigile e per nulla stordito o cosi emaciato da fare pensare ad una morte prematura per droga. Un altro particolare inquietante è che di solito, un corpo morto per overdose gonfia a dismisura questo perché le proprietà della droga vengono rilasciate nel sangue facendo gonfiare i vasi sanguigni . la foto nella bara né il referto dell’autopsia (ne vennero fatte tre sul corpo di River ) mostra segni di gonfiore di alcun genere. Nei video che sono stati fatti dopo la morte di River, documentari o filmati per la tv, si vede sempre e comunque un ragazzo triste, solitario depresso,mentre il fratello Joaquin Phoenix e la fidanzata nonché l’attore Leonardo Di Caprio (che incontrò River quella notte per poco tempo prima che si recasse al Viper Room ) parlano di sofferenza o di dolore di alcun tipo. Tutti dicono che River il giorno dopo doveva avere un colloquio con il regista da lui molto amato Terry Gilliam per un eventuale film e rinunciò persino ad andare al compleanno del figlio del suo migliore amico per essere a quel colloquio in tempo la mattina del 1 novembre con Gilliam (che aspettò invano River seduto al tavolo di un locale per tutta la mattina fino all’una circa,quando poi seppe la notizia che era appena morto poche ore prima).

Nel libro “In Search of River Phoenix”, Lawrence Barry chiede ad un agente dell’FBI perchè hanno archiviato il caso, la risposta dell’fbi è stata “Tutti noi teniamo al nostro lavoro”.



 La morte di un personaggio così talentuoso colpì l'opinione pubblica a fondo.
Il contrasto tra la sua morte e le numerose attività come animalista e in difesa dei diritti umani
fu uno shock per la società del tempo, tanto che la fine della
folgorante carriera di River Phoenix è stata inserita in numerose opere negli anni a seguire, come l'album Monster, dei R.E.M.(interamente dedicato a lui),o la canzone Transcending dei Red Hot Chili Peppers.




 La carriera

 

* Seven Brides for Seven Brothers (1982) Serie TV-Guthrie McFadden
* Celebrity (1984) Miniserie TV-Jeffie
* ABC Afterschool Specials, nell'episodio "Backwards: The Riddle of Dyslexia" (1984)- Brian Ellsworth
* It's Your Move, nell'episodio "Pilot" (1984)-Brian
* Hotel, nell'episodio "Transitions" (1984) -Kevin
* Robert Kennedy & His Times (1985) Miniserie TV-Robert Kennedy Jr
* Surviving (patto di amore e morte) (1985) Film TV-Philip Brogan
* Explorers (1985) -Wolfang Müller
* Family Ties (Casa Keaton), nell'episodio "Amore e geometria"- My Tutor- Eugene Forbes (1 episode, 1985)
* Stand by Me (1986)-Chris Chambers
* Circle of Violence: A Family Drama (1986) Film TV-Chris Benfield
* The Mosquito Coast (1986)- Charlie Fox
* Le ragazze di Jimmy (A Night in the Life of Jimmy Reardon) (1988) - Jimmy Reardon
* Little Nikita (1988)- Jeff Grant (Nikita)
* Running on Empty(Vivere in fuga) (1988)- Danny Pope/Michael Manfield
* Indiana Jones and the Last Crusade (1989)- young Indy
* I Love You to Death(Ti amerò... fino ad ammazzarti) (1990)- Devo Nod
* My Own Private Idaho (Belli e dannati) (1991)-Mike Waters
* Dogfight (1991)-Eddie Birdlace
* Sneakers(I signori della truffa) (1992)-Karl Arbegast
*Canceled Lives: Letters from the Inside (1993) (voice) .... Himself
* The Thing Called Love(Quella cosa chiamata amore) (1993)-James Wright
* Even Cowgirls Get the Blues(Cowgirl - Il nuovo sesso) (1993)-cameo
* Silent Tongue (1993)- Talbott
* Dark Blood (1993- Non terminato)-Boy 




 Altro
*Partecipa al video musicale di Ben E. King's per la canzone "Stand By Me".
*Scrive e canta due canzoni per i Red Hot Chili Peppers insieme a John Frusciante per l'album del 1997 "Smile From The Streets You Hold". Le due canzoni (titoli "Height Down" and "Well I've Been") originariamente dovevano essere incluse nel primo album (1994's "Niandra La'Des And Usually Just A T-Shirt") ma sono state rimosse su richiesta della famiglia di River dopo la sua morte.
*Partecipa al video dei red hot chili peppers " Breaking The Girl". Il video è dedicato a River,dopo la sua morte vennero cambiate alcune scene come Flea che si mostra con il girasole usato da River in "My own private Idaho e i colori delle loro tuniche che erano i preferiti da River,giallo,arancio e rosso.
*Partecipa alla campagna pubbicitaria per la PETA kids (People for the Ethical Treatment of Animals)



 CD:

"Never Odd Or Even", 1992
*The Thing Called Love (1993) (writer: "LONE STAR STATE OF MINE")(performer: "STANDING ON A ROCK", "UNTIL NOW", "BLAME IT ON YOUR HEART","LONE STAR STATE OF MINE", "OL' JOHN AND JIMMY", "LOST HIGHWAY", "LOVE IS")
*Scrive il poema Curi Curi per Milton Nascimento per l'incipit dell'album Txai
* Scrive,canta,suona con gli Aleka's Attic oltre duecento pezzi alcuni dei quali mai pubblicati dopo la sua morte per volere della famiglia.




                         LEGGENDE / SPECULAZIONI
Ci sono molte leggende riguardo l'uso di droga da parte di River.. se vogliamo stare a ciò che dice il suo grande amico Gus Van Sant " Riv era un consumatore occasionale poteva passare interi periodi e mesi pulito e non averne alcun bisogno. Prendeva per lo piu pasticche e fumava. Beveva molto questo era il suo principale problema.
I registi con i quali River lavorò dissero di non averlo mai visto drogato o fuori di testa sul set anzi,era timido,introverso e spesso infelice ma non riconobbero nessun sintomo in River che potesse fare pensare ad uso di droga.La leggenda metropolitana piu quotata sul web è quella che vede River disperato farsi fare un buco da un suo fan. Questo è totalmente falso. L'autopsia non rivelò alcuna traccia di buchi sul suo corpo nè recenti nè datati.
La verità è che come dice Gus River usava occasionalmente la droga per stordirsi e basta.
Negli anni novanta moltissime stars fecero uso smodato di droghe e moltissimi degli amici intimi di River come i red hot chili peppers,i nirvana, keanu reeves, samantha mathis, i rem e molti altri non nascosero il loro uso quotidiano di stupefacenti. La verità sta nel mezzo: River non era un tossico da buco nemmeno da eroina era uno che ogni tanto sniffava e prendeva pasticche. Ovvio che era un tossicodipendente non si vuole mettere in dubbio questo,nè ci risulta meno intelligente o dotato di talentoper questo.. si vuole solo precisare che non era il tossico che pensava solamente alla droga che oggi descrive il web.La notte in cui morì non usava droga nè alcool da piu di tre mesi. Era fermamente convinto a disintossicarsi.
Un'altra leggenda che circola volentieri sul web è quella che vede River dipingere a pochi mesi dalla morte il volto della donna che in sogno li si raffigurò come la sua anima gemella. Se questo è vero o meno non è dato saperlo.Certo è che sa molto di speculazione e che il disegno sul web non si trova.
Un'altra leggenda riguarda i colori degli occhi e dei capelli di River.
Nell'immaginario comune Riv era biondo con gli occhi azzurri.
Niente di più falso. Furono sua madre e la sua agente a tingere i capelli di Riv di biondo per sottostare ai canoni imposti da Hollywood ma il colore dei capelli di River era il castano (la notte della sua morte i suoi capelli erano neri,poichè da tempo aveva smesso di tingerli).
Gli occhi poi non sono mai stati azzurri. Erano grigio/verde. 


2012: Esce il suo film Dark Blood,completato dopo quasi vent'anni.

 fonte: river phoenix italian blog

lunedì 13 agosto 2012

AGOSTO 2012 Parte 1

Riprendiamo oggi un articolo pubblicato da parte dell'Asso Comunicazione a fine giugno










Investimenti pubblicitari previsti a -7%. Andamento negativo per tutti i Mezzi, tranne Internet (+12.7%).


 
Milano 29 giugno 2012 - La chiusura prevista a -7% sarà determinata da una duplice tendenza: da un lato la contrazione della raccolta dei media tradizionali, dall’altro, l’ascesa dei media digitali (TV Sat e DTT, Internet, Video OOH).

Digitale
: l’unico mezzo che continua a raccogliere sempre più risorse e vede un 2012 in chiusura positiva in doppia cifra (+12.7%). A chiusura anno catalizzerà il 15% del totale investimenti pubblicitari. Si confermano Automotive e Finanza/Assicurazioni i settori trainanti, forte incremento del settore Alimentare (primo trimestre 2012).
Crescono con la stessa intensità Display e Search, facendo segnare entrambi +13%. Forte incremento per il Video Advertising +93%. In incremento, anche se rimane ancora poco utilizzato, il Mobile Adv (8%).

Radio
: nel 2012 è prevista una chiusura al -6%. Dato positivo se paragonato al -12% del 2011. Questo rallentamento della decrescita è determinato dalle radio commerciali (da -9% del 2011 a -3% del 2012), grazie anche a un ampliamento della loro offerta commerciale caratterizzata da un’elevata personalizzazione dei progetti e una comunicazione multipiattaforma, e in minor misura, dalle Radio Locali (da -19% a -8,5%). Male invece Radio Rai (da -9% a -14%).

La Televisione
si confermerà, anche nel 2012, il mezzo prediletto dagli investitori italiani ma con una market share in calo (52% del 2011 contro 51% del 2012). Questa flessione sarà legata alla contrazione della raccolta che prevediamo essere leggermente superiore a quella del totale mercato e pari a -8.6%. I due big players del mercato, Rai e Mediaset, vedono una decisa contrazione degli investimenti nei loro canali “tradizionali”, rispettivamente -12.2% per la RAI e -11.2% per Mediaset. Nonostante la buona crescita dei rispettivi canali digitali, sia Rai che Mediaset vedono una chiusura del 2012 negativa (-10,9% per la RAI e -9,6% per Mediaset). Continueranno comunque a rappresentare il  38% del totale investimenti pubblicitari.
La7 e La7D
continueranno ad incrementare la loro raccolta pubblicitaria (+7.9%), anche se in maniera più contenuta rispetto all’anno precedente.
TV Satellitare
(+6,4%) e Digitale (+6,6%) faranno segnare performance positive, dovute a una sempre maggiore crescita dell’audience (processo di digitalizzazione) e di un’offerta in continuo ampliamento (più canali).
Infine prevediamo revenue in forte calo per le TV Locali (-51,9%).

La Stampa
continua a soffrire a causa delle performance negative di raccolta pubblicitaria (-11.9%).
Newspapers
: gli investimenti sono  in continua e decisa flessione (-11.5%). Sia il settore FMCG che gli altri comparti continuano a ridurre l’utilizzo del mezzo.
Free press:
soffre in maniera ancora più netta, facendo segnare perdite a doppia cifra (-43% sulla free press nazionale). Finanza/Assicurazioni e GDO, i main spender della free press, tagliano nettamente gli investimenti su questo mezzo.
Magazines:
anche nel 2012 continua la contrazione della raccolta pubblicitaria (-12.6%), nonostante le nuove iniziative editoriali multipiattaforma che coinvolgono i nuovi device (tablet in primis). Anche il settore Abbigliamento inizia a disinvestire su questo mezzo, facendo segnare un -10% nel primo trimestre 2012.

Esterna:
continua la flessione del mezzo che vede un -14% di previsione chiusura 2012. Tutti i comparti “classici” sono in crisi: i poster (-21.7%), la dinamica (-12.2%), maxiaffissioni (-16,2%) e i circuiti tematici (-14,1%). In crisi anche i formati più qualitativi come l’arredo urbano (-13,3%) e gli aeroporti (-9.6%). In controtendenza i formati più innovativi Video OOH (+8.6%).

Cinema:
continua l’emorragia di investimenti nonostante il rinnovamento del mezzo legato a digitalizzazione, 3D e al recente rilascio al mercato dei software di pianificazione. Per il 2012, prevediamo una chiusura negativa a -25%.





























































In sintesi, questi i fatti salienti:
• A fronte di un mercato destinato a chiudere al -7%, Internet cresce del 12,7%.
• Se la TV nel suo complesso segnerà un -8,6%, le TV non-incumbent mostrano invece performance decisamente positive (+8,8%).
• Non cresce solo Internet, ma crescono in generale i Mezzi Digitali che fanno registrare un +11,2% .
• In particolare sono i mezzi digitali Audiovisivi ad essere più in salute (+13,7%)
• In un contesto negativo per il mondo analogico, dobbiamo segnalare la capacità della radio Commerciale di arginare le proprie difficoltà (da -9% del 2011 a -3% del 2012).











fonte: http://www.assocomunicazione.it/ITA/notizia/comunicare-domani-previsione-di-chiusura-2012-a--7.aspx