Parliamo della vendita. Attraverso un film. Nella versione italiana è intitolato "Americani” (titolo originale: “Glengarry Glenn Ross“) del 1992.
Film che si svolge praticamente tutto all'interno di un ufficio. Gli attori
devono fare la loro parte alla grande per far si che non diventi noioso,cosi'
come la sceneggiatura,ed entrambi i componenti sono di livello altissimo.Jack
Lemmon stratosferico nel suo personaggio "disperato" e invidioso delle capacita'
di venditore di Al Pacino.Parla spesso da solo,dimostra tutta la sua insicurezza
pur provando comunque a chiudere i benedetti contratti e non farsi licenziare.Al
Pacino e' quello "riuscito nella vita".Sa come comportarsi coi clienti,esprime
tutta la sua sicurezza e anche un po' di "spocchia" perche' saprebbe vendere il
ghiaccio agli eschimesi. Kevin Spacey fa alla grande la sua parte.La trama fa vedere
quanto la disperazione puo' portare un uomo a compiere azioni che in condizioni
normali non avrebbe compiuto.L'ufficio e' il campo di battaglia e vale tutto pur
di "salvarsi la pelle".Anche le sicurezze piu' fondate verranno messe alla
prova.
I dieci minuti di Alec Baldwin che fa il famoso discorso ai dipendenti della
ditta vale da solo tutto il film.
.
Il personaggio di Baldwin, che si presume sia “il cattivo” della storia, si rivolge ad una stanza piena di tizi, suoi colleghi, dando loro una bella lavata di capo, avvisandoli che sarebbero stati licenziati tutti se non avessero fatto firmare i contratti ai contatti loro assegnati.
Blake, il personaggio di Baldwin, dice testualmente:
“Sei una brava persona? Non me ne frega un ca**o. Un buon padre? Vaf*an*ulo a casa tua a giocare con i ragazzini. Volete lavorare qui? Chiudete i contratti!”
Blake è un sociopatico brutale, rude e borderline. Ed è certamente l’espressione più sincera e accurata di ciò che il mondo si aspetta da te. La differenza è che, nel mondo reale, le persone considerano così sbagliato parlarti in questo modo che preferiscono permettere che tu continui a fallire. Questa scena mi ha cambiato la vita. Ci programmerei la sveglia ogni mattina con quel discorso, se sapessi come fare. Alec Baldwin ha ricevuto una nomination all’Oscar per questo film e questa è l’unica scena in tutto il film in cui compare il suo personaggio! Come hanno potuto notare le persone più intelligenti, la genialità di questo discorso sta nel fatto che una metà delle persone che guardano questa scena pensano che il punto sia: “Wow, cosa deve essere avere un capo così bastardo“. L’altra metà pensa invece “Diamine si, andiamo fuori a vendere qualche maledetta casa”. O, come afferma il blog “the Last Psychiatrist”:
"Se voi foste in quella stanza, alcuni di voi capirebbero che si tratta pur sempre di lavoro, ma si nutrirebbero dell’energia del messaggio in ogni caso, come se fosse l’insegnamento di un mentore, pensando “questo tizio è fantastico!”; altri la prenderebbero invece sul personale: “questo tizio è un cretino, non ha nessun diritto di parlarmi in questo modo” oppure, con una mossa tipica del narcisista che incontra un potere più grande, in silenzio rimuginerebbero e fantasticherebbero su come trovare delle informazioni sul suo conto che ne svelino l’ipocrisia. Che soddisfazione"
Questo estratto viene da una critica approfondita degli “hipster” e del perché sembrino avere così tanti problemi nel trovare un posto di lavoro (questa mia sintesi non rende giustizia all’articolo, leggilo tutto per saperne di più), ed il punto pare essere la differenza fra questi due atteggiamenti: il sentirsi motivato contro il sentirsi offeso, cosa che determina in larga misura se avrai o meno successo nel mondo. Ad esempio, alcune persone risponderebbero al discorso di Blake con la frase di Tyler Durden, interpretato da Brad Pitt, rivolta a Edward Norton nel film “Fight Club”: “Tu non sei il tuo lavoro”. Beh, si, hai ragione. Certo, il tuo “lavoro” e il tuo impiego potrebbero non essere la stessa cosa, ma in entrambi i casi tu non sei niente più della somma delle tue competenze utili. Per esempio, essere una buona madre è un lavoro che richiede una competenza. E’ qualcosa che una persona può fare di utile ad altri membri della società. Ma senza ombra di dubbio, il tuo “lavoro”, ciò che di utile puoi fare per gli altri, è tutto ciò che sei.
C’è una ragione se i chirurghi sono più stimati degli scrittori umoristi. C’è una ragione se un meccanico è più stimato di un senzatetto. C’è una ragione se il tuo lavoro diventa la tua etichetta se la tua morte fa notizia (“calciatore muore a 37 anni per omicidio/suicidio”). Tyler ha detto “Tu non sei il tuo lavoro”, ma ha anche fondato e diretto un’azienda di sapone ed è diventato il capo di un movimento sociale e politico internazionale. Lui era totalmente il suo lavoro.
Questo discorso non è tanto ispiratore ed è forse un modo negativo di motivare, ma colpisce a fondo come un pugno sullo stomaco, senza mezzi termini ed è dedicato a tutti coloro che hanno bisogno di reagire all'inerzia.
Berlusconi preso a pallonate dal duo Santoro e Travaglio nella tana del lupo riesce a mantenere la sua faccia di bronzo ben intatta,trovando modo di uscirne incolume, o perlomeno, limitando i danni e mantenendo il tipico sorriso nazionale. Domande concordate da prima. Ovviamente. L'esperimento di un confronto serio è svanito subito. Il contraddittorio moderato ha lasciato spazio alle battute e alle frottole che si sono avvicendate a gò gò. Il solito,prevedibile,monologo del Cavaliere. Travaglio ci ricorda per l'ennesima volta di quanti processi ha avuto Berlusconi, ma lui sembra fregarsene. Anzi, se ne sempre fregato.Poi lo scontro con Travaglio. E l'intervento di Santoro a placare gli animi. Il reality show è finito. Quello che è andato in onda a Servizio Pubblico è stata di una squallidità incredibile. Un teatrino grottesco e irreale. Hanno trasmesso un messaggio preciso.Pessima comunicazione da ambedue le parti. Gli attori se la ridono e se la cantano come e quanto vogliono senza arrivare al dunque. Dal primo all'ultimo. C'era da aspettarselo. Questa è l'immagine che diamo all'estero.Questi sono i nostri politici. Questi sono i nostri giornalisti. Qua non si fa a gara a distinguere tra chi ha vinto e chi ha perso. Qua c'è in gioco il futuro di un Paese,l'Italia, reso ormai come un Paese ridicolo,quella di ieri ne è stata la conferma. Si è celebrata l'inizio della fine della carriera politica di Berlusconi,uscito di scena lanciando una perla di saggezza come consiglio ai ragazzi presenti nel pubblico. Stucchevole. Smantellato Sua Emittenza, Santoro e Travaglio hanno spianato la strada alla mina vagante di queste elezioni. Colui che usa un linguaggio colorito e diretto alla Bossi prima maniera. Colui che dopo vent'anni si presenta sulla scena nazionale come la speranza per il Paese. Sembra lo stesso scenario del '94: allora venne spazzata via la vecchia classe politica con lo scandalo di Tangentopoli,ed entrò l'uomo della provvidenza. Sappiamo tutti com'è andata a finire. Analogamente la storia si ripete al giorno d'oggi. Ma pochi se ne sono accorti. Grillo,come Berlusconi agli esordi,cavalca l'onda degli scontenti,i delusi da quel vecchio modo di fare e concepire la politica. Colpa della crisi,del malessere generale. Della sfiducia verso il futuro. C'era bisogno di rinnovare,cambiare i modi. Quale occasione migliore per entrare in scena. In pratica è un passaggio di consegne. Cambiano gli attori ma la regia non cambia, è sempre la stessa. Si fa portavoce di un cambiamento,promettendo di risollevare le sorti della nazione. Ne dubito. Ma staremo a vedere,diamogli tempo.
Concludo con alcune precisazioni:
Andare a votare pensando di avere uno strumento democratico a disposizione per cambiare le cose equivale ad avere l'illusione di saper volare. Se davvero fosse mai stato decisivo, in tutta la storia, o peggio ancora, pericoloso,per i governanti dare in mano ai cittadini questa temibile possibilità, non lo avrebbero mai fatto.
E tornando alla constatazione di prima in merito al fatto su chi abbia vinto o meno la sfida televisiva, non esprimo nessun parere.
L'unica cosa evidente è che quelli che hanno perso siamo stati noi.
Mi piace scrivere. Mi è sempre piaciuto. Da piccolo ero quello che prendeva i voti più alti nei temi,roba che la maestra lo leggeva al resto della classe,per intenderci. E ne andavo fiero. Con il passare degli anni ho mantenuto lo stesso trend, scrivendo sempre meglio.
Essendo sempre più aggiornato,riuscivo con disinvoltura a prendere le informazioni contenute nella mia memoria e ad argomentare in modo preciso,spaziando da una riflessione precisa ad una citazione famosa,dando sfoggio di una certa preparazione. Ovviamente si andava pure fuori tema,ma la qualità e i contenuti erano notevoli. Il segreto?Avevo molta fantasia.Usavo la penna come un pittore.In modo originale. Ora sembra che si sia perso l'uso di scrivere a mano. Ma non del tutto. Se non scrivo a mano non riesco a pensare, le parole mi si bloccano ed i pensieri non scorrono. Ammiravo gente come Hunter Thompson, Jack Kerouac, dei geni. Mi vedevano come un futuro giornalista, ma non lo diventai. Peccato.Preferisco fare il copywriter. Ammiravo tanti altri autori,stilisticamente differenti.
E sapevo di avere uno stile tutto mio. Lo stile è qualcosa di unico e innato. O lo si ha o meglio lasciar perdere,niente da fare. Ogni persona ha un suo proprio stile di vita che
manifesta nel modo di pensare, nel modo di parlare e scrivere, negli atti che
compie, nel modo di vestire, ecc. Questo stile, che non è mai definitivo, ma
in continua evoluzione, rappresenta la sintesi del rapporto storico della
persona con l'ambiente. Esso è, sì, in parte condizionato dall'indole naturale
del soggetto, dal suo temperamento, ma sostanzialmente si va formando in stretto
rapporto con le sue esperienze esistenziali e, quindi, in stretto rapporto con
l'ambiente in cui nasce e vive, con gli studi che compie o non compie, con i
mezzi materiali di cui dispone, ecc. Ci sono persone che parlano e scrivono correttamente, in modo forbito,
perché hanno cultura, ed altre che si esprimono volgarmente o perché non hanno
cultura o perché si omologano al linguaggio medio,di livello mediocre.
Parlare e scrivere bene è meglio che parlare e scrivere
male, come in tutte le attività della vita, che valgono di più se svolte bene.
Inoltre diciamo che presentarsi per quello che si è, è la prima forma di
rispetto che dobbiamo avere per noi stessi, è il segno che almeno noi ci
accettiamo per quello che siamo.
Lo stile va supportato dal talento. Nella vita come nello sport. Maradona aveva talento. Meglio ancora. Maradona era di un altro pianeta. Unico. Definiamo talento l’inclinazione naturale di una persona a far bene una certa attività senza particolare sforzo. Più il tuo stile è autentico e più si avvicina al tuo talento, anzi diventa l'espressione del tuo talento. Ma bisogna metterlo in pratica.
La cosa più triste nella vita è il talento sprecato. Puoi avere tutto il talento che vuoi,ma se non fai la cosa giusta, non succede niente.
Discorso di Robert De Niro al figlio, nel film BRONX
Per quanto riguarda il marketing e le nuove opportunità per il business, specie a livello di Social Media Marketingil 2012 ha visto alla luce realtà come le Global Brand Page di
Facebook, le pagine aziendali di Pinterest e i LinkedIn Ads.
Ecco come il Web può diventare sempre più influente:
Il voler far giungere ai propri clienti un’offerta tempestivaovunque loro si trovinoe nel momento esatto in cui quell’opportunità potrebbe trasformarsi in
un acquisto – e quindi per l’azienda in una vendita – è la più grande
sfida lanciata oggi dai canali interattivi e digitali. La comunicazione avverrà sempre più in tempo reale. Il marketing sarà sempre più attento alle dinamiche social, in ottica di business. Curarela gestione delle relazioni con i clienti. (Customer relationship management) In una impresa 2.0 è assolutamente fondamentale che il cliente sia messo al centro.
La conoscenza dei suoi pareri, la necessità di nuovi servizi, la
risoluzione dei suoi problemi, ha un effetto benefico sul business
dell'azienda.Ogni canale di marketing impiegato dalle aziende dovrà provvedere a una maggiore integrazione con i Social Media. Da qui la nascita del Social CRM.
MigliorarelaGamification: significa utilizzare meccaniche e dinamiche di gioco come punti, livelli, reward,
missioni e status all’interno di contesti non gaming per creare
engagement e risolvere problemi. Uno strumento in grado di agire
visceralmente sugli istinti umani, spingendo spesso gli utenti, ora
giocatori, a modificare le proprie abitudini all’interno di un sistema
reso “more fun”.
La gamification permetterà alle aziende di produrre contenuti interattivi che consentiranno agli utenti di collegare il sentimento positivo del gioco al valore di marca del brand.
Puntare maggiormente a tecniche di Inbound marketing. L’obbietivo dell’inbound marketing è fare in modo che sia l’utente a cercare l’azienda. Invece di infastidire le persone con annunci televisivi, si possono
creare video che potenziali clienti vogliono vedere. Invece di
acquistare spazi pubblicitari nelle pubblicazioni cartacee, si può
creare un blog che i potenziali clienti sottoscrivono e seguono. Invece
di fastidiose chiamate telefoniche a qualsiasi ora, si possono creare
strumenti e contenuti che suscitino l’interesse dei clienti che
chiameranno per ricevere maggiori informazioni. A maggior ragione gli esperti prevedono un aumento degli investimenti di tipo Inbound per
creare contenuti che stimolino la domanda e generino traffico, leads e
conversioni.
Lo scenario futuro vedrà SEO e i Social Mediastrategicamente integrati
seguendo la regola della creazione di contenuti qualitativamente
rilevanti. Gli algoritmi si adeguano quindi all'influenza dei social
media.
La qualità dei contenuti sarà FONDAMENTALE. Non servirà solo generare contenuti per un determinato contesto.Bisogna investire in Content Curation:l’attività di selezione, aggregazione e proposta di contenuti rilevanti per le persone di una community.In modo da far nascere vere e prorie storie personalizzate sulle quali creare contenuti che contribuiscano a rafforzare l’identità dei marchi.
"Il reale valore nel terzo millennio delle aziende e dei manager che le dirigono, non sarà il fatturato che essi producono, bensì il numero e la qualità delle relazioni da essi instaurati con i propri target interlocutori e di riferimento interni ed esterni" Jeremy Rifkin Presidente di The Foundation on Economic Trends