martedì 1 dicembre 2015

DOING ADVERTISING NOWADAYS

An eye on advertising.


Originally posted on:  Capital Business Magazine, By Jenny Kassis, Executive Editor.

Saad El Zein, Chief Executive Officer, The Network Communication Group, considers the advertising, marketing and communications industry as a school that teaches new and different things constantly.


“People working in this industry are exposed to different challenges. They need to be creative and prompt.”

Advertising and Marketing – The evolution

The industry has been witnessing a massive evolution from its early beginnings mainly due to the digital transformation the world is undergoing. “We used to call it advertising, and then it became communication,” says Saad. “This is a revolution rather than just an evolution. Communication has changed; we were never exposed to the internet. Our job was more exciting, the efforts we used to put were massive as we used to go on the ground to discover things ourselves. Today, internet is facilitating all tasks.”




Digital has created this revolution and the original meaning of advertising agencies has changed. “In our days,” he adds, “our work was centralized; the agency used to do everything and the client service executive was in charge of all duties.

This gave employees the ability to multitask and the real knowledge of the business. Nowadays, each person is specialized in his or her own field. This decentralization didn’t help much, although it was needed as it provides more specialized staff.”

However, Saad confirms that centralization could be once again around the corner. “Yes, we do have different companies, but the integration of ideas between them is becoming a must. We can see that the format is going back to where it was. We have different disciplines but the thinking now tends to be more centralized.”

“With media agencies becoming the heroes, advertising agencies are losing their charm,” Saad admits. “There is a question mark about the role of media agencies. I believe there should be a conversion in this industry, as it has to provide strategic thinking and creativity. The idea must create a bond between the brand and the consumer. This is why I believe advertising agencies should become creative hubs and activation hubs. Moreover, it is crucial to create a bond and affinity with consumers as they are the decision makers nowadays.”


The world has changed,” he says. “We can’t negate that digital is taking a major part of this conversion. We have to follow the trends and embrace change. We have to change our formula, and the way of doing business to overcome these challenges that are growing day by day.”


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http://www.capitalbusiness.me/main/details/business-planet/913#.Vl18T_2FMdV

giovedì 13 agosto 2015

Nike-Agassi: Un binomio vincente

Esistono persone che lasciano un segno indelebile nella storia. Anche nello sport.
Queste persone hanno legato il loro nome a un marchio.Andando di pari passo verso il successo.

Un binomio indiscusso è stato Nike-Agassi.





Il sodalizio durò dal 1988 al 2005, quando passò alla concorrenza firmando per Adidas.

Nel 2013 le loro strade si ritrovarono.


Nata nel 1967, la Nike scelse il nome dall’omonima divinità greca simbolo di vittoria, rivoluzionando il mondo sportivo e non solo. 



Da allora, il marketing e la pubblicità divennero innovative,non convenzionali per gli standard precedenti.

Affiancata dalla creatività dell'agenzia pubblicitaria Wieden+Kennedy, l'azienda sfornò lo slogan
Just do It, che divenne una delle tagline più memorabili di sempre.

A livello pionieristico,anche la scelta dei testimonial nel corso degli anni fu azzeccata. 

                       Uno di questi fu Andre Agassi



Ero un bambino quando vidi per la prima volta in tv Agassi e ne rimasi colpito,come tutti.

Carismatico, ribelle, sfrontato,Andre Kirk Agassi nasce il 29 aprile del 1970 a Las Vegas da madre statunitense e padre iraniano.

Entrò nel mondo del tennis controvoglia, su pressione del padre.
Volutamente si mise lo smalto sulle unghie solo per far arrabbiare il padre omofobo. 
L'allenatore dell'accademia un giorno chiede al quindicenne Andre: "Cosa vuoi fare nella vita?". Il ragazzo risponde, senza esitare: "Diventare un professionista. Andandomene da qui".  

Bermuda sfrangiati di jeans,abiti colorati, persino una folta capigliatura che,anni dopo si rivelò una parrucca.


 

Indossando le inconfondibili Air Tech Challenge, divenne un'icona degli anni 80-90.

Il padre voleva farlo diventare campione a tutti i costi, e ci riuscì.
Agassi odiava il tennis. E lui,la rockstar,con uno stile di gioco particolare,divenne il numero 1 nel 1995.

Erano gli anni del dualismo Sampras-Agassi.

Ha vinto 60 titoli ATP e 8 tornei del Grande Slam, guadagnando in carriera più di 31 milioni di dollari in premi e 150 milioni di dollari in sponsorizzazioni. Ha detenuto il primo posto nella classifica ATP per 101 settimane. Agassi è uno degli 8 giocatori che nella loro carriera sono riusciti a vincere tutti e 4 i titoli dello Slam,ha vinto diciassette Master, ed è tuttora l'unico tennista ad aver conquistato la medaglia d'oro alle Olimpiadi nel singolo, la Coppa Davis e il torneo ATP World Championship: anche per questo motivo, è entrato a far parte, il 9 luglio del 2011, dell'International Tennis Hall of Fame.


Phil Knight, fondatore della Nike disse di lui :

Noi vendiamo le personalità così come i prodotti, e Andre Agassi è uno dei nostri atleti migliori e una delle  nostre migliori personalità.


L'accoppiata Nike-Agassi rimane uno degli esempi indelebili di quanto sia stretto il confine fra il marchio e l'atleta. Quasi un unico brand.


La sfida fra Agassi contro il suo eterno rivale Pete Sampras verrà celebrata in una delle pubblicità più belle e divertenti di sempre.

Street Tennis 1995

Agenzia pubblicitaria: Wieden+Kennedy, Portland.




Guerrilla Tennis per le strade di San Francisco, presso Duarte Square.

Chissà quando rivedremo uno spot così.

Altri tempi.

giovedì 10 luglio 2014

The battle of the brands

                  The World Cup is not just a battle of teams, it's a battle of brands:

                                                
                                                     Nike VS Adidas

 



With soccer’s grandest stage only days away, Nike and Adidas are putting the finishing touches on campaigns that have been months, if not years, in the making.




At the World Cup, everything is a marketing opportunity.

 From the players, to the game balls, to the uniforms.



 It’s all fair game.




The companies are now roughly even and, together, about 95 percent of the global market for soccer.



There are four ways to get people to notice your sports brand at a soccer match. You can get on a player's feet, you can get on his chest, you can get on the marquee of the event or you can run ads. 

A huge amount of their advertising spending is flowing into Internet campaigns with viral videos.


                                              #AllIn vs. #RiskEverything






The companies, however, are not willing to reveal the true costs of their marketing, sponsorship and advertising activities.

"Anyone who observes how the two competitors developed their social media activities ahead of the start of the World Cup can imagine what lies ahead of us in the next four weeks in terms of the companies' Internet campaigns," says marketing expert Voeth.


About Nike: The Oregon-based sportswear giant sponsors 10 of the tournament’s 32 teams, more than any other gear maker. One way to ensure visibility is to have your logo on the largest possible number of jerseys.

About Adidas : They’re an official tournament sponsor, which gives them access to in-stadium signage and anything else formally related to FIFA and the tournament. The German sporting goods titan manufactures the Brazuca soccer ball used in all tournament games, sponsors nine participating teams and outfits Argentine superstar Lionel Messi in custom-designed shoes.






                    How to use the sporting event to draw worldwide attention.




                 Nike and Adidas go head-to-head in the World Cup semi-finals



Nike has been eating at Adidas's once overwhelming lead in soccer for 20 years.

 Also this year.

 Adidas got the final with two teams: Argentina and Germany.


giovedì 29 maggio 2014

CIAO ZIO

Voglio scrivere due righe per ricordare il decimo anniversario dalla morte di mio zio.
Ero a casa la sera del 29 Maggio 2004  quando ricevemmo la telefonata per  comunicarci del lutto. Dopo quattro di anni di malattia si era spento così.
Ancora oggi non riesco ad accettarlo. Lasciò una moglie e due figli piccoli.
Sono passati dieci anni da quel giorno. Dieci anni volati in un istante.
E mi ritrovo qua a rendergli omaggio. A lui, alla sua famiglia, alla nostra.
A tutti coloro che gli volevano bene.

Mi aveva fatto conoscere questa canzone. Stupenda.

Ciao zio

R.I.P

mercoledì 14 maggio 2014

L' ARTE DEL FUOCO

 
 
 
Ho avuto modo di vedere la fiction Mister Ignis - L'operaio che fondò un impero, trasmessa in questi giorni dalla Rai, incentrata sulla figura di Giovanni Borghi. Rimanendone colpito. Una bella storia.
 
Voglio riproporla.
 
Giovanni Borghi nasce il 14 settembre del 1910 a Milano nel quartiere Isola, figlio di Maria, ragazza di famiglia benestante, e di Guido, titolare di un negozio di materiale elettrico e gestore di cinematografi. Giovanni cresce in una situazione di benessere economico e, dopo avere terminato la scuola elementare, entra nel laboratorio del padre (nel quale lavorano anche i fratelli Giuseppe e Gaetano) come apprendista.
 
La ditta dei Borghi all'inizio degli anni Quaranta è piuttosto nota a livello locale, dando lavoro a una trentina di operai, ma nell'agosto del 1943 il negozio e il laboratorio di famiglia vengono quasi completamente distrutti dai bombardamenti alleati su Milano: per questo Giovanni Borghi e il resto dei familiari si trasferiscono in provincia di Varese, a Comerio.
 
Papà Guido, insieme con i figli, investe parte delle sue risorse finanziarie nella produzione di fornelli elettrici da cucina, ottenendo un successo di vendite che aumenta in maniera sensibile subito dopo la fine della guerra, quando viene acquistato il marchio Ignis da un artigiano milanese.
 
 
 
 
Nel 1946 venne fondata   la SIRI S.p.A., acronimo  di Società Industria Refrigeranti Ignis. Il termine Ignis, che sarà il marchio, significa "fuoco" in latino e, di fatto, l'azienda iniziò la propria attività costruendo fornelli  elettrici.
 
In quegli anni il Bel Paese  attraversa il difficile periodo della ricostruzione e la figura imprenditoriale di Borghi diviene l'emblema della nuova Italia industriale che cresce dal dopoguerra e arriva al successo negli anni del "miracolo economico", in un percorso che coniuga alla tradizione una inedita capacità di sostenere la domanda di un mercato dinamico e consumista.
 
 
 
Fu il primo a capire che l’Italia stava cambiando, e gli italiani anche.
 
 
 
Giovanni e il resto della famiglia iniziano a farsi conoscere a livello nazionale e internazionale, con la Ignis che partecipa alla Fiera campionario di Milano del 1946 e alla Fiera campionaria di Lione dell'anno successivo.

Dopo avere aperto depositi a Conegliano Veneto, a Roma e a Napoli, i Borghi nel 1949 comprano le Smalterie De Luca, ma devono far fronte ai provvedimenti presi dal governo nazionale per ridurre i consumi di energia elettrica: è anche per questo che in casa Ignis inizia la produzione di cucine a gas.

Giovanni Borghi, che fino a questo momento si è occupato soprattutto della gestione dei contatti commerciali con la clientela, decide di scendere in campo in prima persona: convinto che nel giro di poco tempo il mercato delle cucine a gas sarebbe andato incontro a una veloce saturazione, rileva i brevetti di una fabbrica di apparecchi a assorbimento, la Isothermos, e dopo avere costituito la Siri comincia a produrre frigoriferi ad assorbimento a Gavirate, sempre nel Varesotto.
 
 
 
 
Sempre alla ricerca di soluzioni tecniche innovative capaci di ridurre i costi di produzione e di conseguenza i prezzi di vendita dei frigoriferi, nel 1964 Borghi inaugura, primo nel mondo, l’applicazione in grande serie del sistema sperimentale statunitense di isolamento termico per mezzo di una struttura portante di poliuretano espanso. A differenza del sistema di isolamento tradizionale in lana di vetro, l’uso del poliuretano richiede solo un sottile rivestimento, permettendo di ridurre ulteriormente le dimensioni, ma non la capacità interna dei frigoriferi. Per quanto riguarda l’aspetto estetico, Borghi aggiunge al classico colore bianco degli elettrodomestici una nuova gamma cromatica mediante l’applicazione di speciali pannelli plastici.
 
 
 
 
 
A metà degli anni Sessanta la Ignis è il maggiore produttore di frigoriferi d’Europa e uno dei più importanti del mondo, dispone di tre stabilimenti in Italia e di una cinquantina di filiali, anche all’estero (in Germania, Spagna, Francia e Olanda), per un totale di 7.000 dipendenti. Con una capacità produttiva di 8.000 frigoriferi al giorno, copre il 40% della produzione nazionale e sostiene una cospicua esportazione.
 
Gli italiani hanno più soldi e li spendono per comprarsi la Vespa, la Seicento e il frigorifero: i tre simboli del boom.
 
"Mattei provided the gas, Borghi the cookers". Enrico Mattei fornì all'Italia il gas, Borghi i fornelli. Il commento, del giornale inglese Sunday Times, sottolineava il ruolo di Giovanni Borghi nell'Italia della Ricostruzione.

Nel 1969  la Ignis acquisì la toscana Emerson, un'azienda italiana produttrice di elettronica di consumo. Sotto la proprietà del gruppo Borghi, l'azienda investì  nell'innovazione, tanto che nel 1975 fu una delle prime in Italia  a lanciare sul mercato i primi televisori a colori, e nel 1979, la prima nel paese a progettare e sperimentare i videoregistratori.
 
Ma non si celebra solo il successo imprenditoriale.
 
Notevole è anche  il valore umano: ha dimostrato  che nella vita non esiste solo il lavoro, ma soprattutto il rapporto personale, icona di un'epoca per certi versi irripetibile.
 
Ai cancelli della fabbrica, Mr. Ignis arrivava ogni mattina in auto o in elicottero, ma, una volta entrato in portineria, inforcava la sua bici gialla e, accompagnato dai suoi più stretti collaboratori, anche loro su due ruote, faceva il giro degli stabilimenti senza mai fermarsi impartendo ordini e dando consigli che il responsabile di reparto registrava puntualmente sul taccuino.
 

 È una delle particolarità di Giovanni Borghi che alcuni dei dipendenti dell'allora Ignis ricordano come più significative per inquadrare la personalità di "Mr. Ignis"
 
La sua voce intimoriva , ma allo stesso tempo era capace di gesti di grande generosità, proprio come un padre di famiglia vecchio stampo.
 
Era indifferente al successo: l' ’importante per lui era il rapporto con i suoi dipendenti, è per questo che era molto amato. Perché era sempre presente alle loro necessità.
I sindacati avevano difficoltà, anche negli anni Sessanta, a entrare in fabbrica: gli operai si compattavano attorno al padrone.
 

Tra i momenti più emozionanti della sua carriera vi furono la nomina a cavaliere del lavoro nel '61, la laurea honoris causa in ingegneria elettronica nel '66, l'inaugurazione ufficiale del convitto Paolo VI a Cassinetta di Biandronno, nel '65, presente il primo cittadino della Repubblica Giuseppe Saragat, che ricordò di Borghi l'impegno sociale, avendo l'imprenditore varesino disposto finanziamenti per asili-nido, case di riposo, padiglioni ospedalieri e numerose altre iniziative benefiche

 
“La spregiudicatezza non porta lontano, né nella vita né nel lavoro”, era il suo motto.
 
Un uomo che si fece da solo.
 
Ce la fece a lungo, ma non all'’infinito. Negli anni Settanta si profilò il tramonto, a causa delle difficoltà congiunturali del mercato nelle mutate condizioni di un panorama economico-sociale inquieto, ma anche dai personali problemi di salute dell'imprenditore.
Borghi tentò, affidandosi all'antico fiuto, di guardarsi attorno alla ricerca di nuove alleanze, ma le condizioni di un mercato che puntava ormai alla globalizzazione, dettando leggi non accettabili per un self-made man, gli imposero di arrendersi. Fu costretto a vendere il suo impero agli olandesi della Philips.
Nel '70 nasceva la Ire Industrie Riunite Elettrodomestici, al cui azionariato partecipava la Philips, che acquisirà le quote dei Borghi alla fine del giugno 1972. Forse non fu un caso se la malattia iniziò a piegare definitivamente il robusto fisico di Borghi di lì a poco, portandoselo via appena qualche anno più tardi. Accadde il 25 settembre del 1975, in silenziosa dignità. Alla fine degli anni Ottanta l'olandese Philips cercherà a sua volta alleanze nella americana Whirlpool, con una joint-venture nell'88, poi, tra l'89 e il 90, attraverso una compartecipazione non paritaria. Dal primo gennaio 1991 sarà la Whirlpool a guidare le sorti della creatura di Borghi.

«È anche grazie a “Mister Ignis” se oggi possiamo costruire in Italia il primo polo europeo per gli elettrodomestici a incasso». Lo ha detto il presidente e amministratore delegato della Whirlpool Emea, Esther Berrozpe,  a Comerio, durante la  cerimonia in onore di  Giovanni Borghi.

 
«Gli sport li amava tutti, ma gli atleti che amava di più erano i ciclisti e i pugili, quelli che facevano più sacrifici». Come li aveva fatti lui. Parole del figlio Guido.
 
 
 
Dallo sport, oltre al valore del sacrificio, il "Cumenda" trasse anche una sua personale filosofia - “De Coubertin non lo conosco. Non mi basta partecipare. Io voglio vincere” - che applicò in tutti i campi della vita, anche nel business.
 
 
Le squadre di basket, ciclismo, pugilato e canottaggio, tutte targate Ignis,  raccolsero grandi successi in Italia e all'estero.

 
 
 
Patron e tifoso.
 
 
 Il 7° posto nel Campionato di Serie A stagione 1967/68  è il miglior piazzamento del Varese Calcio. Il 4 febbraio '68 travolge la Juventus  5-0.



 
 
 
 
 
Aveva intuito le enormi potenzialità mediatiche dello sport e non rinunciava ad alcuna occasione per rendere visibile il proprio marchio.
 
 



 


«Abbiamo bisogno di buoni esempi» scrisse, nella prefazione alla biografia di “Mister Ignis” uscita qualche anno fa, uno che il Giuan lo conosceva bene, uno che veniva anche lui dall’'Isola Garibaldi, quartiere popolare di Milano e che aveva frequentato anche lui l’'oratorio di Sant’' Antonio, la chiesa di via Sebenico, l'’istituto dei Salesiani. Uno che in tante cose ha seguito quell’'esempio, firmato Silvio Berlusconi.
 



Borghi è stato un imprenditore che ha elaborato le sue idee seguendo lo sviluppo e il lancio del prodotto, il posizionamento del marchio, attraverso il miglioramento continuo nel tempo e valorizzando l' importanza delle persone e ha contribuito, con Ignis, all’affermazione del Made in Italy nel mondo.

Ancora oggi, anche ad Harvard nei corsi di marketing si studia che fu lui  il primo a usare la sponsorizzazione sportiva come veicolo pubblicitario.

 
Uno dei più grandi geni del capitalismo italiano.
 
La sua storia deve far riflettere parecchio, specie in un periodo di recessione come quello attuale.
 
In questo momento vorrei credere in una rinascita italiana  grazie al contributo di persone come Giovanni Borghi e la sua Ignis.
 
Una rinascita come lo è stata nel dopo guerra.
 
 
Altri tempi.
 

martedì 13 maggio 2014

HAPPY 2° BIRTHDAY

Sono passati ormai due anni dalla nascita di questo blog. Purtroppo non ho potuto aggiornarlo in modo assiduo, per vari motivi.
Voglio farlo uscire dal suo oblìo, a cui sembrava destinato, negli ultimi  mesi.
E per farlo sono tornato davanti al pc, per proseguire un percorso iniziato nel 2012.
Riprendere a scrivere è il modo migliore, pur non  avendo abbastanza  tempo a disposizione.
In modo da continuare nel cammino tracciato, riprendiamo la marcia.

martedì 26 novembre 2013

IL RITORNO DEL GRUNGE

Premessa: è una breve analisi di marketing applicata alla musica.



Definizione di grunge: un sottogenere del rock sviluppatosi a Seattle nella seconda metà degli anni Ottanta per poi ramificarsi verso altri Stati Americani ed altri continenti.

Rappresentanti principali ne furono i gruppi come Nirvana, Pearl Jam, Smashing Pumpkins, Soundgarden ed Alice in Chains.


Col senno di poi,in pratica grunge è solo una parola per identificare dei gruppi che vengono da una stessa zona nello stesso periodo,ma che musicalmente l'uno con l'altro non c'entrano niente.

Verrà reso popolare dall'etichetta discografica Sub Pop.



Le prerogative della scena furono quelle di riportare al centro del rock un'attitudine punk contemporaneamente memore della lezione dei grandi classici hard rock dei primi anni Settanta inglesi. Grunge significò anche un'estetica giovanile, un atteggiamento disilluso e a tratti nichilista nei confronti della società americana.


Ma c'è un prologo.



Agli inizi degli anni ottanta, il fotografo Michael Lavine si trovava a Seattle. Mescolandosi ai giovani punk locali riuscì, quasi per caso, a documentare gli albori di quello che anni dopo verrà battezzato grunge: una moltitudine di influenze punk, hardcore, garage, metal, realtà differenti accomunate dal senso di ribellione e di insofferenza verso i modelli sociali e musicali dell'epoca. Anni dopo, Lavine torna a Seattle da artista affermato,come fotografo ufficiale del nuovo "movimento", già trasformato - a dispetto dei suoi stessi attori - in fenomeno di marketing a uso e consumo dei media, dell'industria discografica, degli stilisti,che ne intuirono le straordinarie potenzialità commerciali.





Ora cerco di tornare indietro nel tempo. Avevo 9 anni quando uscì Nevermind dei Nirvana. Vaghi ricordi. Avrò modo di apprezzarlo più avanti.




Ricordo meglio quando due anni dopo,nella notte di Halloween del 1993 morì River Phoenix.



 Era il 31 ottobre.Lo stesso giorno in cui morì Federico Fellini. Phoenix divenne il James Dean degli anni '90. Un altro simbolo, come Kurt Cobain,della cosiddetta Generation X.

Già, la Generazione X.



Perché bisognava in qualche modo etichettare i figli del baby-boom, i nati a cavallo dal 1961 al 1981,un'espressione resa celebre dall'omonimo libro di Douglas Coupland, ad indicare una generazione senza identita', senza nulla di rilevante da dire.



La loro non e' auto-commiserazione, e' una forma di impotente rassegnazione al proprio destino universale di "sconfitti". Ed e' anche, ovviamente, un modo per esorcizzare quel destino.


Situazione di malessere generale che si riflette anche nel Bel Paese,dove possiamo vedere ancora oggi i risultati. Ma com'era l'Italia in quegli anni?
Dopo i fasti degli anni '80,l'Italia  era entrata agli inizi del decennio successivo in una transizione politica difficile.

Allo stato attuale lo scenario è simile a quel periodo.


I consumi degli italiani nel 2013 sono tornati ai minimi degli anni Novanta. I sentimenti che provano le famiglie guardando al futuro sono l'incertezza, il pessimismo e la paura, per colpa, in massima parte, del mercato del lavoro che è sostanzialmente fermo.

Sembra di essere catapultati indietro nel tempo.



Per alcuni gli anni '90 furono un periodo cupo e instabile, schizofrenico e particolare e che la musica del periodo rifletteva questo stato di cose.

Nonostante i segnali di distensione e con la fiducia nel futuro a seguito della caduta dell'Urss e la fine della Guerra Fredda.



Il trattato sull'Unione Europea,firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrò in vigore il 1º novembre 1993.






Per altri invece  fu semplicemente la testimonianza di un mondo giovanile che stava cambiando per sempre, portando i giovani stessi e la cultura pop, in generale, in una nuova fase e in una nuova dimensione.

Il Grunge fu quindi una rappresentazione di quel periodo, più che un movimento.

Andava a raccogliere una larga fetta di popolazione giovanile, cresciuta con il culto dell’immagine degli anni ’80, in piena crisi da post reaganismo e alle prese con una grande recessione economica.


Pur essendo un' operazione di marketing che  stravolge il mondo della musica, Nevermind e' al tempo stesso una pietra miliare, divenendo uno dei simboli del grunge. 

Ma è l'inizio della fine.


La sua fine è diretta conseguenza della morte per suicidio della figura cardine, suo malgrado, dell'intero filone artistico, lo stesso Kurt Cobain, avvenuta nell'aprile del 1994.

Cobain era una persona semplice,non voleva essere una rockstar.

E invece divenne un mito.





Ripenso spesso a quegli anni, con nostalgia. Furono l'inizio della mia adolescenza.



A vent'anni di distanza appare come l'ultimo grande fenomeno culturale che il mondo ha conosciuto.


La moda del 2013 sembra puntare ad un revival del grunge: camicie in flanella, tartan,t-shirt semplici, jeans strappati, Converse o stivali. Una rivisitazione di quell'abbigliamento in chiave moderna.





Della serie, a volte ritornano..